Giorni passati a cestinare dischi inutili, poi finalmente ne becco uno bello. O quantomeno interessante e promettente.
È un debutto. Ha una copertina sconveniente e terribilmente attuale allo stesso tempo. È un po’ punk. La copertina, ma pure il contenuto. Punk come lo suonavano a New York verso la fine degli anni ’70-inizio ’80: no wave piena di spigoli rumorosi, chitarre glaciali e ritmi strambi. Ma non è tutto. C’è del (free)jazz, a volte, o quantomeno un sax, che a volte è arrogante e sgraziato, altre quasi dolce. Dolce come una fottuta pasticca colorata. C’è pure della psichedelia, ma potete anche scordarvi Frisco, o il deserto, o qualsiasi altra cosa che tradizionalmente associate al concetto. È psichedelia dei sobborghi e dei garage latrina: scostante.
Con le radici ben piantate nella tradizione underground newyorkese, i Pill si muovono orgogliosi e combattivi in un melting pot musicale fatto di fiammate di rumore e momenti di sospensione psichedelica, in una dialettica continua e feconda tra melodia e dissonanza. La verve polemica dei testi della cantante Veronica Torres, impregnati di femminismo e critica sociale, è quella d’altri tempi ma è adatta a questi tempi e terribilmente benvenuta. E Convenience è un’affermazione di forza e competenza rare.